Femminicidio Lettomanoppello: Mancini accusato anche del tentato omicidio del nipote di 12 anni

11 Ottobre 2025
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femminicidio Lettomanoppello

Antonio Mancini, autore della sparatoria che ha ferito mortalmente l’ex moglie, Cleria, lo scorso giovedì 9 ottobre, è ora indagato anche per il tentato omicidio del nipote. Secondo il PM Rana, a salvare il ragazzino dalla furia del nonno ci sarebbe stato il lunotto posteriore di un’auto parcheggiata. Nel frattempo emergono dettagli inquietanti e forse premonitori dai profili social dell’uomo

LETTOMANOPPELLO – Si aggrava la posizione di Antonio Mancini, il 69enne che lo scorso 9 ottobre ha ucciso a colpi d’arma da fuoco la sua ex moglie, Cleria Mancini, 66 anni, nel piccolo centro di Lettomanoppello, in provincia di Pescara. Oltre all’accusa di omicidio volontario aggravato, l’uomo è ora formalmente indagato anche per il tentato omicidio del nipote di 12 anni, che quella sera era in strada con la vittima.

Secondo la contestazione provvisoria formulata dal pubblico ministero Giuliana Rana, Mancini avrebbe cercato di colpire anche il ragazzo, ma il proiettile ha invece urtato il lunotto posteriore di un’auto parcheggiata, mancando il presunto “bersaglio”. Un dettaglio che, secondo l’accusa, conferma l’intento omicida dell’uomo, reato aggravato dalla circostanza di essere stato commesso contro un familiare.

Mentre si attende l’esito dell’autopsia sul corpo della donna, le prime ricostruzioni indicano che il colpo letale sarebbe stato uno solo. Un unico sparo che ha messo fine alla vita di Cleria Mancini, madre e nonna, in un contesto ancora tutto da chiarire ma che porta con sé segnali inquietanti.

Subito dopo i fatti, Antonio Mancini è fuggito a bordo della sua carrozzina elettrica, raggiungendo un bar di Turrivalignani, a pochi chilometri da Lettomanoppello. Qui si è barricato all’interno del locale, costringendo le forze dell’ordine a un rapido intervento. È stato bloccato e arrestato dai carabinieri all’esterno dell’attività, senza che la situazione degenerasse ulteriormente, nonostante dai racconti di chi quella sera si trovava all’interno del locale, l’intento dell’uomo fosse aprire il fuoco proprio contro i Carabinieri.

Emergono intanto dettagli sempre più allarmanti dai profili social dell’uomo, che si faceva chiamare “Antonio Ayatollah”. Le sue pubblicazioni negli ultimi mesi parlavano apertamente di vendetta, morte e prigione, lasciando intravedere una premeditazione lucida e inquietante.

In uno dei post, Mancini scriveva: “La valigia per il fine pena mai è pronta”, accompagnando la frase con la foto di un borsone. In un altro, si mostrava con dei coltelli in mano, commentando: “Da oggi non ho niente da temere e da perdere”.

Sui suoi profili non mancavano commenti positivi su Totò Riina, simbolo di violenza mafiosa, e frasi che oggi assumono un tono profetico e angosciante, come: “Sfogherò tutta la rabbia che ho accumulato in questi ultimi sei anni”.

Oltre all’omicidio della ex moglie e al tentato omicidio del nipote, Mancini è accusato anche di minaccia e resistenza a pubblico ufficiale. Il quadro indiziario nei suoi confronti si fa sempre più pesante, mentre proseguono le indagini per ricostruire nei dettagli il contesto familiare, personale e psicologico che ha portato all’ennesimo femminicidio.

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