Orsi morti nel laghetto a Scanno: ecco l’esposto degli animalisti in Procura, al Ministero e alla Commissione europea

15 Maggio 2025
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L’atto evidenzia presunte criticità nella realizzazione e gestione del laghetto dove sono morti i due orsi, sollevando dubbi su valutazioni ambientali, manutenzione e controllo. L’obiettivo è quello di chiarire eventuali omissioni e verificare l’effettiva applicazione delle norme di tutela ambientale

SCANNO – È stato formalmente depositato un esposto alla Procura della Repubblica di Sulmona, al Ministero dell’Ambiente e alla Commissione Europea in merito alla tragica morte dei due orsi marsicani annegati nel laghetto di Scanno. A presentarlo, un gruppo di animalisti preoccupati per la tutela della specie simbolo dell’Appennino, rappresentati dall’avvocato Michele Pezone, che ha curato la redazione e l’invio del documento.

Nell’esposto si sottolinea innanzitutto che, sebbene l’area del laghetto non ricada formalmente all’interno del perimetro del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, essa è pienamente inclusa nella Zona speciale di conservazione (ZSC) “Montagne del Morrone” riconosciuta a livello europeo, individuata proprio per la tutela dell’orso bruno marsicano, specie prioritaria per l’Unione europea. È dunque in questa cornice normativa e gestionale che va inquadrata la vicenda.

Nel documento si chiede di accertare se, al momento della realizzazione del laghetto, sia stata effettuata la necessaria Valutazione di incidenza ambientale, obbligatoria per tutte le opere che possano interferire con i siti della Rete Natura 2000. Si richiede inoltre di verificare se il progetto sia stato realizzato rispettando tutte le prescrizioni e se siano state valutate le implicazioni legate alla sicurezza della fauna selvatica, con particolare riguardo al rischio di annegamento degli orsi, già ampiamente noto ai tecnici e documentato da precedenti episodi simili: sette orsi morti in tre casi distinti dal 2010 ad oggi.

Una parte centrale dell’esposto riguarda, poi, le responsabilità gestionali: nell’esposto si chiede di verificare se il soggetto titolare o gestore dell’invaso abbia adottato misure di prevenzione per impedire l’accesso e il potenziale annegamento della fauna protetta. Viene anche sollevato un interrogativo circa l’effettuazione di un’adeguata attività di manutenzione e controllo sull’effettivo stato dell’opera.

Ulteriori richieste sono rivolte all’Ente Parco, al quale la normativa europea e nazionale assegna la gestione della ZSC in questione. L’avvocato Pezone chiede di chiarire se l’Ente abbia esercitato il proprio ruolo di vigilanza e se abbia mai formalmente intimato al gestore del laghetto di adottare misure di messa in sicurezza. Se tale ordine fosse stato impartito, si chiede di sapere se siano stati segnalati eventuali inadempimenti ai Carabinieri Forestali, incaricati di garantire l’applicazione della Direttiva “Habitat”.

Alla Procura di Sulmona è stato chiesto di verificare se, in considerazione del particolare status di tutela di cui gode l’orso marsicano sia a livello nazionale che comunitario, sussistano elementi tali da configurare eventuali reati.

Al Ministero dell’Ambiente, autorità di vigilanza sull’Ente Parco, si richiede di aprire un’istruttoria sull’accaduto, di valutare se vi siano state carenze nella gestione e, in caso affermativo, di promuovere un’azione risarcitoria anche in sede civile.

Infine, alla Commissione Europea viene domandato di verificare se lo Stato italiano stia realmente adempiendo agli obblighi previsti dai progetti finanziati con fondi europei – come il programma Life – per la tutela dell’orso bruno marsicano. Solo negli ultimi anni, sottolinea l’esposto, sono stati spesi circa 15 milioni di euro in progetti dedicati alla conservazione della specie. Anche alla luce dell’accaduto, la domanda è se queste risorse siano state impiegate efficacemente, garantendo risultati concreti e duraturi.

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