La decisione chiude una vicenda giudiziaria che ha scosso il mondo sanitario abruzzese. Al centro dell’indagine, la presunta somministrazione di chemio “fuori protocollo”. Il giudice: “Criticità non sufficienti per sostenere l’accusa”
L’AQUILA – Nessuna responsabilità penale. Con questa formula, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi, ha disposto l’archiviazione dell’inchiesta sulla presunta somministrazione di terapie oncologiche “fuori protocollo” che aveva coinvolto sette medici, tra cui Enrico Ricevuto e la sua collaboratrice Gemma Bruera.
La vicenda era esplosa lo scorso anno a seguito di un esposto del direttore dell’Unità Complessa di Oncologia del San Salvatore, il primario Luciano Mutti, che aveva denunciato l’utilizzo di farmaci antitumorali off-label, somministrati per indicazioni terapeutiche diverse da quelle autorizzate, senza adeguato consenso informato. Secondo l’accusa, tali pratiche avrebbero causato gravi effetti tossici e, in almeno tre casi, una riduzione della sopravvivenza dei pazienti.
Il pubblico ministero Ugo Timpano, pur avendo affidato una consulenza tecnica a due esperti dell’Università di Tor Vergata – Mario Roselli e Gian Luca Marella – ha ritenuto che le criticità emerse non fossero sufficienti per sostenere l’accusa in sede penale. “Non è possibile stabilire, al di là di ogni ragionevole dubbio, che con i protocolli ufficiali i pazienti sarebbero guariti o vissuti più a lungo”, ha concluso il Pm.
“In merito alla scelta della combinazione di farmaci da somministrare al paziente – si legge nella relazione tecnica di 239 pagine sottoscritta dai consulenti Roselli e Marella – persistendo nell’impiego di schemi già rivelatisi di scarso beneficio terapeutico; utilizzando un farmaco off-label per il quale non vi era indicazione in quanto non adatto al paziente; per gli effetti collaterali derivati da tali combinazioni che non sarebbero occorsi qualora fossero stati impiegati i giusti farmaci, peggiorando la qualità di vita. Il corretto iter terapeutico, in accordo con le Linee Guida, avrebbe avuto possibilità di successo in termini di prolungamento della sopravvivenza e contenimento della diffusione della malattia”.
Ad ogni modo, il Gip ha condiviso l’impostazione del pm Timpano, confermando l’archiviazione del fascicolo e riconoscendo che L’affermazione che “le condotte dei sanitari hanno ridotto il periodo di sopravvivenza, cosi genericamente formulata, non appare ulteriormente approfondibile e non soddisfa i
requisiti necessari per accertare positivamente – come si legge nell’ordinanza di archiviazione firmata ieri sera da Billi – la sussistenza di un nesso eziologico tra la condotta colposa del sanitario interessato ed il decesso del paziente”.
“È da rilevare, tuttavia, che, anche indipendentemente dalle osservazioni delle difese degli indagati in ordine alla insussistenza della condotta di reato ipotizzata – scrive il Gip – i consulenti tecnici del P.M. non hanno potuto quantificare la riduzione del periodo di sopravvivenza eziologicamente collegata con la terapia, di fatto, somministrata”.
La decisione chiude una pagina dolorosa per l’ambiente sanitario aquilano, segnato da tensioni interne e da una “guerra tra reparti” che ha avuto ripercussioni anche sull’immagine dell’ospedale San Salvatore e dell’Università.
Tra gli indagati, oltre a Mutti – iscritto al registro degli indagati dopo aver presentato ricorso alla disposizione dell’archiviazione disposta dal pm Timpano – Ricevuto e Bruera, anche i medici Olga Venditti, Marianna Tudini, Alessandra Santomaggio e Alessandro Parisi.
Secondo quanto emerso, neppure Mutti potrà impugnare la decisione in Cassazione, non avendo titolarità sul bene giuridico. Ad oggi, nessuno dei familiari dei pazienti deceduti ha presentato esposti.
La Asl provinciale, nel frattempo, ha vietato la prescrizione di chemio non in linea con i protocolli del reparto oncologico del San Salvatore. Il direttore generale Paolo Costanzi ha scritto al neo-rettore dell’Università dell’Aquila, Fabio Graziosi, sollecitando un intervento sui due docenti coinvolti. Anche l’Ordine dei medici ha seguito da vicino la vicenda, con il presidente Alessandro Grimaldi che ha auspicato un ritorno alla serenità e alla collaborazione tra professionisti.
Una conclusione che, pur lasciando aperti interrogativi scientifici e deontologici, chiude definitivamente il capitolo giudiziario.