Università di Chieti-Pescara e Asl di Teramo firmano il primo studio al mondo sul monitoraggio dei farmaci per la fibrosi cistica

3 Ottobre 2025
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Pubblicato su Biomedicine & Pharmacotherapy un metodo innovativo che misura l’assorbimento dei medicinali anche tramite tampone nasale e sudore, aprendo nuove prospettive di medicina personalizzata

TERAMO – Lo studio “Development and application of a multimatrix LC–MS/MS method for quantifying elexacaftor–tezacaftor–ivacaftor”, pubblicato sulla prestigiosa rivista Biomedicine & Pharmacotherapy, porta la firma dell’Università di Chieti-Pescara e della Asl di Teramo. Si tratta del primo lavoro al mondo che propone un metodo innovativo e meno invasivo per il monitoraggio terapeutico dei nuovi farmaci per la fibrosi cistica.

I ricercatori dell’Università “G. d’Annunzio”, del Dipartimento di Scienze mediche, Orali e Biotecnologiche (Dsmob) e del Center for advanced studies and technology (Cast), insieme al Centro regionale fibrosi cistica con sede nell’ospedale San Liberatore di Atri, hanno messo a punto una tecnica che permette di quantificare l’assorbimento dei farmaci in campioni non invasivi come tampone nasale e sudore. Una prospettiva che apre la strada a una medicina personalizzata, in grado di adattare i trattamenti alle necessità del singolo paziente.

La ricerca è stata guidata dal dottor Matteo Mucci e dal professor Antonio Recchiuti per l’Ateneo, insieme al dottor Pietro Ripani, direttore del Centro regionale fibrosi cistica di Atri. Il risultato, unico al mondo, dimostra che i nuovi farmaci ad alta efficacia possono essere rilevati non soltanto nel sangue, ma anche attraverso campioni facilmente prelevabili, con un unico metodo analitico.

Determinante il sostegno della Lega Italiana Fibrosi Cistica Abruzzo e della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, da anni impegnate a finanziare progetti mirati a migliorare la qualità di vita delle persone affette dalla malattia. Questo approccio consente di avvicinarsi sempre più a un monitoraggio terapeutico personalizzato, capace di ottimizzare le cure e adattarle a categorie di pazienti particolari, come bambini, donne in gravidanza o persone con mutazioni rare del gene responsabile della patologia.

“Con procedure semplici e non invasive – spiegano Mucci e Recchiuti – siamo in grado di raccogliere informazioni fondamentali sulla distribuzione dei farmaci nell’organismo, migliorando la personalizzazione delle cure e riducendo i disagi per i pazienti”. Pietro Ripani aggiunge: “Questo lavoro dimostra come sia possibile trasformare la ricerca in strumenti concreti per la pratica clinica, semplificando il monitoraggio e aprendo nuove prospettive di diagnosi e trattamento”.

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