La Conferenza delle Donne Democratiche denuncia la proliferazione di gruppi digitali sessisti e chiede al Garante per la Protezione dei Dati Personali misure urgenti e strutturali. “Non basta l’indignazione: è tempo di responsabilità, norme e cultura digitale rispettosa”
PESCARA – Non è solo una questione di moderazione tardiva o di contenuti inappropriati. È una ferita aperta nella dignità delle donne, alimentata da una cultura patriarcale che trova nei social network un terreno fertile. A denunciarlo è la Conferenza delle Donne Democratiche, che ha rivolto un appello formale al Garante per la Protezione dei Dati Personali affinché intervenga con urgenza contro il dilagare di gruppi misogini e sessisti online.
“Il fenomeno dei gruppi simili a ‘Mia moglie’ è dilagante, necessarie azioni significative, serve un intervento radicale e condiviso”, si legge nell’appello, che punta il dito contro la piattaforma Facebook e altri spazi digitali dove, secondo le Democratiche, si consuma una forma di “violenza culturale e digitale nei confronti delle donne”.
Il gruppo “Mia Moglie”, rimosso da Meta con “colpevole ritardo” per violazione delle policy sullo sfruttamento sessuale di adulti, e il sito “Phica.net” sono solo gli ultimi esempi di una deriva che le portavoce regionali e nazionali del movimento femminile del Partito Democratico definiscono “inaccettabile”.
“Ciò che viviamo oggi è il frutto avvelenato di una mancata prevenzione che parta dalle scuole, di una regolamentazione lenta, di politiche digitali inadeguate che, nel ritardare l’intervento, finiscono con il rendersi complici, seppur inconsapevoli, di gravi violazioni della dignità, della privacy e della sicurezza delle donne”, denunciano.
Roberta Tomasi, portavoce della Conferenza Donne Democratiche Abruzzo, sottolinea la necessità di “uscire dall’indignazione del momento e costruire garanzie strutturali, fatte di norme, responsabilità, vigilanza e cultura digitale rispettosa”. Un impegno che si tradurrà in incontri e approfondimenti già a partire dalla Festa dell’Unità abruzzese, con esperti di comunicazione e diritto.
Le Democratiche chiedono al Garante misure efficaci e rapide per accelerare la rimozione dei contenuti lesivi, sanzioni dissuasive per i responsabili e, ove possibile, l’obbligo di notifica alle vittime. A Meta e agli altri gestori di piattaforme digitali viene richiesto di adottare “linee guida più stringenti, con tolleranza zero verso gruppi, chat o canali che violano elementi essenziali come il consenso informato di dati personalissimi”.
“La piattaforma digitale non è un contenitore neutro, ma un attore responsabile delle dinamiche interne che favorisce o lascia proliferare”, si legge nel documento. “Quando consente che contenuti diffamatori, immagini intime o informazioni altamente sensibili di donne ignare permangano online, essa diviene, di fatto, complice”.
Il riferimento alla vicenda di Gisèle Pelicot, vittima per dieci anni di una violenza sessuale sistematica alimentata da un gruppo online, è emblematico. “È inaccettabile”, affermano le portavoce, tra cui Luigia Caponi (Teramo), Benedetta Di Marzio (Pescara), Eva Fascetti (L’Aquila), Beatrice Fioriti (Chieti), Marielisa Serone D’Alò (Esecutivo nazionale) ed Emanuela Di Giovambattista (Direzione PD Abruzzo).
“L’esposizione non consensuale del corpo e della vita privata di una donna, oggi amplificata dal linguaggio algoritmico dei social, va chiamata violenza, abuso, stupro virtuale. È un attacco alla soggettività della donna, alla sua dignità, alla sua autonomia. Non si tratta di qualche ‘maschio degenerato’, ma di una cultura patriarcale che si nutre di invisibilità e complicità diffuse”.