Al convegno sulla prevenzione del disagio minorile, le istituzioni si uniscono nel ricordo di Christopher Thomas Luciani ad un anno dalla sua morte
PESCARA – Una giornata di riflessione profonda e impegno civile quella di oggi caratterizzata dal convegno “Il Mondo Familiare e Minorile tra Prassi e Diritto”, organizzato all’Aurum nell’ambito del progetto regionale “Prevenzione dei Disagi Minorili”. A un anno esatto dalla tragica morte di Christopher Thomas Luciani – accoltellato da due coetanei al Parco Baden Powell di Pescara – il convegno di stamattina ha rappresentato un richiamo collettivo all’azione, alla responsabilità educativa condivisa tra famiglia, scuola e istituzioni. L’incontro – partecipato anche dall’assessore regionale alle Politiche Sociali, Roberto Santangelo, da rappresentanti delle forze dell’ordine, i sindaci dei comuni di Pescara, Montesilvano e Spoltore, nonché numerose personalità accademiche, religiose e dell’ambito sanitario – si è aperto alle 10.30 con una tavola rotonda e proseguirà fino alle 17.30 di oggi pomeriggio.
La garante dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Abruzzo, Maria Concetta Falivene, ha sottolineato l’importanza del lavoro dei tavoli tecnici regionali, attivi fin dal post-lockdown: «Abbiamo raccolto dati fondamentali sulle nuove forme di disagio giovanile: dai disturbi alimentari all’autolesionismo, dalla violenza domestica all’abuso di alcol. Non possiamo più ignorare ciò che i numeri ci mostrano: l’emergenza educativa è reale e crescente. Serve un ascolto attento e strutturato».
A partire da queste analisi è nato un progetto ambizioso, la produzione di video tematici di prevenzione che saranno diffusi in tutte le scuole abruzzesi. «Vogliamo intercettare il disagio dove nasce: tra i banchi di scuola, nelle relazioni familiari, nel silenzio che spesso accompagna il dolore dei ragazzi», ha aggiunto Falivene.
Il progetto è stato realizzato anche con il supporto della garante regionale per i diritti dei detenuti, Monia Scalera: «Il messaggio che vogliamo dare ai giovani – ha spiegato la dottoressa Scalera – è che non sono soli, che ci siamo, che siamo qui pronti ad ascoltarli, abbiamo creato una rete importante tra tutte le varie figure istituzionali, dobbiamo puntare assolutamente sulla prevenzione, sull’ascolto dei giovani e delle famiglie, perché il disagio nasce lì e lo dobbiamo intercettare, con tutti gli attori importanti che servono e che sono coinvolti».
Ma il momento più toccante è arrivato con l’intervento di Olga Cipriano, la nonna di Christopher, o meglio, la sua madre adottiva, come lei stessa si definisce. Con voce ferma ma emozionata, ha dipinto il ritratto di un ragazzo solare, generoso, con sani principi, la cui unica “colpa” è stata quella di fidarsi troppo. «Per me era tutto. L’ho cresciuto da quando aveva tre anni. La sua morte ha lasciato un vuoto che non si colmerà mai. È l’ergastolo del dolore», ha detto.
Oggi nonna Olga è anche la fondatrice dell’associazione Crox, nata per promuovere la riscoperta dei valori tra i giovani. «I ragazzi di oggi non provano più emozioni, vivono dietro a uno schermo. Non sentono empatia. Dobbiamo riportarli alla realtà, far capire loro che la vita è sacra, che ogni gesto ha conseguenze. Parlare con loro, guardandoli negli occhi, funziona. Io lo vedo ogni volta che entro in una scuola: ascoltano, si emozionano, rispondono». Nel suo intervento, ha invocato pene più severe per i minori responsabili di reati gravi: «Chi uccide a 14 anni toglie una vita come chi ne ha 30. Non è più tollerabile che certi atti restino impuniti. L’ergastolo deve valere anche per loro, se necessario. Solo così possiamo dare un messaggio forte, un deterrente vero».
Istituzioni, famiglie, educatori sono pronti a fare la loro parte. Ma è necessario creare spazi di ascolto reale, dove i giovani possano sentirsi visti e riconosciuti. Come ha ricordato Scalera, «non si costruisce una società sana se la sua base – le famiglie e i giovani – è fragile».
In serata, nel parco dove Christopher fu ucciso, si terrà un momento di preghiera e commemorazione, scelto da nonna Olga al posto di una cerimonia religiosa tradizionale. «I suoi amici devono vedere con i loro occhi dove è successo. Devono capire cosa significa davvero perdere un amico. E cosa significa essere amici», ha concluso. Un anno dopo, la tragedia di Christopher non è solo memoria, ma impegno concreto.