Orsogna riscopre le sue peschiere, grande risorsa per la biodiversità

21 Giugno 2025
1 minuto di lettura

La Bio Cantina Sociale lancia il progetto per tutelare e valorizzare 130 specchi d’acqua rurali: “Memoria storica e futuro sostenibile”

ORSOGNA (CH) – Piccole, antiche, dimenticate. Eppure, fondamentali. Sono le peschiere – vasche d’acqua rurali di circa 40 metri quadri – protagoniste del nuovo progetto ambientale e culturale lanciato dalla Bio Cantina Sociale Orsogna: “Peschiere, microcosmo di biodiversità”.

L’iniziativa riguarda circa 130 peschiere, disseminate tra le colline di Orsogna e dei comuni limitrofi, tra la Majella e il mare Adriatico. Questi bacini, spesso risalenti all’Ottocento, sono stati per generazioni fondamentali punti di raccolta di acqua potabile, utilizzati per irrigare gli orti, abbeverare gli animali e sostenere la vita rurale. Oggi, a distanza di decenni, tornano al centro dell’attenzione come veri e propri scrigni di biodiversità animale e vegetale.

“La tutela della biodiversità e la cura del paesaggio – ha dichiarato Giuseppe Micozzi, presidente della Bio Cantina – sono una missione imprescindibile per chi, come noi, crede in una viticoltura sostenibile, biologica e biodinamica. Le peschiere sono un perfetto esempio di integrazione tra uomo e natura, un patrimonio che va preservato e trasmesso”.

La Bio Cantina Sociale Orsogna è da anni un punto di riferimento per l’agricoltura sostenibile: 300 soci, 1.500 ettari di vigneto, oltre 3 milioni di bottiglie l’anno esportate in tutto il mondo. Ma oltre al vino, questa realtà coltiva anche un impegno civile e ambientale profondo, come dimostra l’intero progetto “Pe’ nin perde la sumente”, sviluppato in collaborazione con la Banca del Germoplasma del Parco Nazionale della Maiella.

L’obiettivo è chiaro: mappare, studiare e valorizzare le peschiere, mettendo in campo una vera e propria ricerca scientifica che porti a un modello di gestione innovativo, utile alla salvaguardia degli habitat che queste vasche naturali ancora custodiscono. In esse, infatti, vivono specie animali e vegetali rare, frutto di un equilibrio costruito nei secoli dall’interazione rispettosa tra l’uomo e l’ambiente.

Il progetto si propone non solo come azione di conservazione, ma anche come riscoperta culturale, riportando alla luce antichi saperi contadini e rilanciando le aree marginali – come le colline e le zone montane – quali “casseforti della biodiversità”, luoghi dove si custodisce la memoria ecologica del territorio.

Altro da

Non perdere