Nel 2023, oltre 50 mila tumori e lesioni pre-cancerose non sono stati individuati a causa della scarsa adesione ai programmi di screening oncologici gratuiti. Un dato allarmante, che evidenzia profonde diseguaglianze regionali, con il Mezzogiorno fortemente penalizzato
ROMA – Nel Sud Italia, la prevenzione oncologica è ancora un’arma spuntata. Nel 2023, oltre 50 mila tumori e lesioni pre-cancerose non sono stati individuati a causa della scarsa adesione ai programmi di screening gratuiti. Un dato allarmante che mette in luce profonde disparità regionali e un ritardo ormai cronico delle regioni meridionali.
L’Abruzzo, pur non essendo tra le ultime della classifica, mostra indicatori al di sotto della media nazionale, con un’adesione preoccupante soprattutto per lo screening del colon-retto. Secondo la classifica elaborata dalla Fondazione GIMBE su dati ONS, la regione si posiziona all’11° posto per adesione allo screening mammografico, all’11° per quello cervicale e addirittura al 18° per quello del colon-retto. Numeri che rivelano la necessità di strategie più efficaci per sensibilizzare la popolazione e migliorare l’organizzazione sanitaria.
«Il tasso di adesione agli screening – spiega il presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta, – è un indicatore che sintetizza le performance complessive dei servizi sanitari regionali sugli screening organizzati. Riflette la capacità di mantenere aggiornati i dati anagrafici della popolazione target, programmare e spedire gli inviti, promuovere campagne di sensibilizzazione pubblica e garantire l’erogazione dei test di screening».
Secondo il rapporto dell’Osservatorio Nazionale Screening (ONS), le Regioni del Nord garantiscono una copertura più capillare, mentre quelle del Sud faticano a raggiungere la popolazione target. Un divario che, se non colmato, rischia di tradursi in diagnosi tardive, trattamenti più invasivi e un maggiore impatto sulla mortalità oncologica.
Attualmente le Regioni italiane offrono tre programmi di screening inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA): mammografia per le donne tra i 50 e i 69 anni, screening del tumore della cervice uterina per le donne tra i 25 e i 64 anni, e screening del colon-retto per uomini e donne tra i 50 e i 69 anni. Nonostante la gratuità e l’importanza di questi test per la diagnosi precoce, i livelli di adesione rimangono preoccupantemente bassi, con una situazione particolarmente critica al Sud.
Il divario Nord-Sud e le criticità organizzative
Se il Nord registra livelli di adesione superiori al 60% in alcune regioni, il Sud continua a mostrare difficoltà nella gestione e promozione degli screening oncologici. La Calabria è il fanalino di coda in tutti e tre i programmi, con adesioni che sfiorano appena il 4% per lo screening colon-rettale e l’8% per quello mammografico.
La causa principale sembra risiedere non solo nella scarsa consapevolezza dei cittadini, ma anche in carenze organizzative nella gestione degli inviti e nel recupero degli screening non effettuati. Molte regioni del Sud faticano a garantire una copertura adeguata, con percentuali di inviti ben al di sotto del 100% della popolazione target.
Un obiettivo ancora lontano
Nel 2022, il Consiglio Europeo ha fissato l’obiettivo di garantire entro il 2025 una copertura degli screening oncologici ad almeno il 90% della popolazione target. Tuttavia, i dati del 2023 dimostrano quanto l’Italia sia ancora distante da questo traguardo, con milioni di persone che non ricevono o ignorano l’invito a sottoporsi ai test.
Il Presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta, sottolinea la necessità di un cambiamento urgente: «Aderire agli screening organizzati significa diagnosi precoce, trattamento tempestivo delle lesioni pre-cancerose, un numero maggiore di guarigioni definitive, meno sofferenze per i pazienti, costi minori per il Servizio Sanitario Nazionale e, soprattutto, meno decessi per tumore».
Per colmare il divario e migliorare l’adesione agli screening oncologici, occorre rafforzare le campagne di sensibilizzazione e comunicazione pubblica, potenziare i sistemi organizzativi regionali e garantire che ogni cittadino abbia accesso a test salvavita in modo tempestivo ed efficace.