Nel processo ai palestinesi all’Aquila, la Corte d’Assise ha ascoltato in videocollegamento una diplomatica israeliana sull’insediamento di Avnei Hefetz. Proteste davanti al tribunale e scontro in aula sulla natura del sito, considerato centrale per sostenere l’accusa di terrorismo internazionale
L’AQUILA – La Corte d’Assise dell’Aquila ha ascoltato in videocollegamento un’addetta diplomatica dell’ambasciata israeliana di Parigi nell’ambito del processo ProPal, che vede imputati i cittadini palestinesi Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh per presunte condotte riconducibili al terrorismo internazionale. La testimonianza è stata richiesta dall’accusa per chiarire la natura dell’insediamento di Avnei Hefetz, elemento giudicato centrale nel procedimento.
All’esterno del tribunale si è svolto un presidio promosso da collettivi e realtà solidali con gli imputati, con partecipanti giunti anche da diverse città del Centro Italia. Durante la protesta sono state criticate la scelta di ascoltare un rappresentante diplomatico israeliano come teste dell’accusa e, secondo gli organizzatori, l’applicazione dell’articolo 270-bis a condotte ritenute legate al sostegno alla resistenza palestinese.
In aula, il confronto si è focalizzato proprio su Avnei Hefetz, insediamento coloniale israeliano nei pressi di Tulkarem, in Cisgiordania, citato in alcune intercettazioni come possibile obiettivo discusso nelle chat degli imputati. Per la Procura si tratta di un insediamento civile, e qualsiasi riferimento ad azioni contro quell’area rientrerebbe nella definizione di terrorismo internazionale. L’impostazione è stata confermata dalla diplomatica ascoltata in qualità di teste.
La difesa, invece, sostiene che Avnei Hefetz includa una base militare e strutture di sicurezza, contestando quindi la definizione di “obiettivo civile”. Una distinzione decisiva per il procedimento: la natura dell’insediamento incide in modo diretto sulla qualificazione giuridica delle condotte contestate ai tre imputati nell’ambito dell’articolo 270-bis.