Venerdì 10 ottobre al Museo “La Civitella” l’evento conclusivo per i 70 anni di Italia Nostra. Un viaggio nel ruolo sociale delle donne italiche attraverso gioielli, riti e corredi funerari. Papi e De Menna: “Segni di potere e dignità che parlano ancora oggi”
CHIETI – Un tributo alla memoria, alla bellezza e alla centralità delle donne nell’Abruzzo preromano. Venerdì 10 ottobre alle ore 17, il Museo archeologico “La Civitella” ospiterà l’evento conclusivo delle celebrazioni per il 70° anniversario dell’Associazione Italia Nostra, promosso dalla sezione di Chieti. Nella cornice dell’Auditorium intitolato al prof. Valerio Cianfarani, pioniere degli scavi e della valorizzazione del patrimonio archeologico locale, la prof.ssa Raffaella Papi dialogherà con l’archeologa Marida De Menna per raccontare la storia delle “Principesse dell’antico Abruzzo”.
“Attraverso gli ornamenti e gli strumenti del lavoro femminile – spiegano le due studiose – possiamo ricostruire il ruolo e la dignità delle donne di alto rango del tempo.” Un’indagine archeologica che si avvale della collaborazione del Dipartimento di Lettere, Arti e Scienze dell’Università “G. D’Annunzio” e dell’associazione “Teate Nostra”, che per l’occasione farà indossare a figuranti le riproduzioni fedeli dei monili rinvenuti nelle tombe.
Il viaggio nel passato parte dall’XI-X secolo a.C., quando l’Abruzzo era abitato da civiltà complesse e raffinate, identificate dagli studiosi come “picena”, “medioadriatica”, “safina” o “italica”. Dopo la conquista romana, il territorio divenne parte della Regio IV (Sabini et Samnium), corrispondente all’attuale Abruzzo e Molise. Le fonti dirette sono scarse, ma gli archeologi ricostruiscono la vita sociale, economica e religiosa attraverso i corredi funerari: tumuli di terra, cerchi di pietre, sarcofagi in quercia e oggetti simbolici.
Nelle tombe maschili spade, lance e corazze in bronzo e ferro; in quelle femminili, dischi decorati, collane d’ambra baltica, pendenti in avorio e amuleti esotici. “Le donne di alto rango – scrivono Papi e De Menna nel saggio pubblicato su ‘d’Abruzzo’ – partecipavano a pieno titolo alla vita sociale, come le etrusche, al contrario delle greche confinate nel gineceo. Indossavano gioielli raffinati e prendevano parte ai banchetti con pari dignità rispetto agli uomini.”
Il periodo di massimo splendore si colloca tra il VII e il VI secolo a.C., con l’affermazione dell’aristocrazia e l’intensificazione dei rapporti con Etruschi, Greci e Fenici. Le principesse italiche non solo ostentavano il potere in vita, ma lo rivendicavano anche nella morte, attraverso sepolture sontuose che ancora oggi parlano di una civiltà colta, sofisticata e profondamente consapevole del ruolo femminile.
L’evento, patrocinato dal Direttore regionale dei Musei nazionali d’Abruzzo, Massimo Sericola, e dal dott. Marcello Iannicca, si propone come un’occasione per riflettere sul valore della memoria e sull’identità culturale del territorio, attraverso il racconto di donne che, secoli fa, seppero lasciare un segno indelebile nella storia.