Ventotto arresti in sette province. Sequestrate oltre una tonnellata di cocaina e 1.500 chili di hashish. Torturato un pusher per intimidire la rete di spaccio
ROMA – Avevano movimentato oltre una tonnellata di cocaina e 1.497 chili di hashish, gestendo lo smercio in diverse regioni italiane e imponendo il controllo sulle piazze di spaccio con la violenza. I Carabinieri del Ros hanno arrestato 28 persone, nell’ambito dell’operazione “Anemone”, su mandato della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Tra le accuse, anche un caso di tortura aggravata dal metodo mafioso: quattro indagati avrebbero sequestrato e picchiato brutalmente uno spacciatore, filmando le sevizie per generare terrore e omertà tra i pusher del quartiere San Basilio, base operativa della banda nella periferia est della Capitale.
L’organizzazione, composta da soggetti di nazionalità italiana e albanese, operava in maniera strutturata su tutto il territorio nazionale: oltre a Roma, le manette sono scattate anche a Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, L’Aquila, Latina e Pistoia. Alla guida, secondo le indagini, un 57enne calabrese, già condannato in via definitiva per 416 bis, ritenuto elemento apicale della locale di Volpiano (Torino), collegata alla cosca di Platì. Trasferitosi a Roma nei primi anni Duemila, avrebbe ricostruito una nuova rete criminale coinvolgendo i tre figli e stabilendo un asse stabile con una cellula albanese responsabile della logistica e dello smistamento del narcotico.
La droga veniva importata dal Sud America e giungeva in Italia attraverso i porti spagnoli, quello di Rotterdam e di Gioia Tauro, anche grazie a legami con altri broker calabresi. Il carico veniva poi immesso sul mercato romano e distribuito nelle principali piazze di spaccio della Capitale.
Le indagini hanno documentato l’utilizzo di sistemi di comunicazione criptofonici gestiti da un 46enne albanese con base a Roma. Sono inoltre stati individuati cinque latitanti in Spagna, tutti ricercati per reati legati al traffico internazionale di droga. Sequestrati anche ingenti quantitativi di stupefacente, confermando – secondo gli inquirenti – l’elevato livello organizzativo e mafioso del sodalizio smantellato.