La chiusura delle filiali bancarie in Abruzzo e Molise continua a penalizzare le economie locali. Se nel 2024 il tasso di chiusura degli sportelli in Abruzzo (-2%) è stato inferiore alla media nazionale (-2,5%), il dato complessivo degli ultimi cinque anni (-24,1%) lo colloca tra le regioni più colpite. La Regione Abruzzo ha istituito un Osservatorio Regionale sul Credito per arginare la crisi, mentre in Molise si punta a replicare l’iniziativa
CHIETI – La desertificazione bancaria colpisce duramente Abruzzo e Molise. Sebbene nel 2024 la percentuale di filiali chiuse in Abruzzo (-2%) sia stata inferiore alla media nazionale (-2,5%), il dato complessivo degli ultimi cinque anni (-24,1%) lo rende la terza regione più penalizzata. Peggio ancora il Molise, che nel quinquennio ha perso il 25% degli sportelli e continua a registrare un tasso di chiusura superiore alla media nazionale (-3,8% nel 2024). A fare il bilancio della situazione il segretario regionale della Fisac/Cgil Abruzzo Molise, Luca Copersini.
Una situazione che appare particolarmente critica nelle province interne. In Abruzzo, gli sportelli bancari sono presenti solo nel 39% dei comuni, con la provincia dell’Aquila maglia nera (26%). In Molise, la situazione è drammatica: appena il 17% dei comuni ha una banca, e nella provincia di Isernia solo 5 su 52 offrono questo servizio. “Le aree interne risultano le più penalizzate dalle scelte degli istituti di credito, con la chiusura delle filiali che va di pari passo con lo spopolamento dei territori. Difficile stabilire quale sia la causa e quale l’effetto, ma possiamo sicuramente affermare che il passaggio dalle banche locali ai grandi gruppi bancari abbia accelerato il processo” sottolinea Copersini.
La chiusura degli sportelli va di pari passo con il calo degli occupati nel settore: in Abruzzo, il numero di impiegati bancari è diminuito del 19% in cinque anni, un dato oltre due volte e mezzo superiore alla media nazionale (-7%), mentre in Molise il calo è stato del 14%. “Questo andamento si spiega con la scomparsa degli istituti locali ed il trasferimento di tutte le funzioni direzionali dovuto all’acquisizione da parte dei grandi Gruppi, ma anche con il ridimensionamento delle filiali che restano aperte. Possiamo affermare che i grandi gruppi bancari stiano drenando occupazione dai territori meno floridi a vantaggio delle regioni più ricche”, rileva il segretario della Fisac/Cgil.
La progressiva scomparsa degli istituti locali e l’acquisizione delle filiali da parte dei grandi gruppi bancari hanno contribuito a drenare risorse verso le regioni più ricche. A questo si aggiunge una riduzione del credito alle imprese: nel 2024 il calo è stato del 6,1% in Abruzzo e del 5% in Molise, contro il 3,2% nazionale. “In controtendenza, però, la crescita dei depositi bancari: nelle due regioni, i risparmi sono aumentati del 19% in cinque anni, a fronte di una crescita nazionale dell’11%. Tuttavia, questo incremento segnala una crisi più profonda: i risparmi restano immobilizzati anziché essere investiti nelle aziende locali, contribuendo a finanziare imprese di altre regioni”, continua Copersini.
“La riduzione della funzione creditizia delle banche apre spazi a fenomeni preoccupanti, come l’usura. I dati del Sole 24 Ore mostrano che, nel 2024, le province di Pescara e Chieti sono tra le dieci più colpite da questo tipo di reato”, dice Copersini.
Per contrastare la crisi, “e grazie all’impegno della Fisac e delle altre organizzazioni sindacali, nel 2024 la Regione Abruzzo ha istituito un Osservatorio Regionale sul Credito, con l’obiettivo di gestire le conseguenze della chiusura degli sportelli e favorire il microcredito per famiglie e piccole imprese. Un’iniziativa che potrebbe presto essere replicata in Molise per affrontare una situazione che rischia di compromettere lo sviluppo economico locale”, conclude il segretario della Fisac/Cgil.