Alzheimer: scoperta una variante genetica che protegge il cervello

6 Maggio 2025
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Un team di ricercatori italo-francesi ha individuato una variante genetica che favorisce la pulizia dei neuroni, proteggendoli dall’accumulo di proteine anomale. La scoperta, pubblicata sulla rivista Cell Death and Disease, apre nuove prospettive per trattamenti personalizzati. Alla ricerca ha contribuito anche l’Università dell’Aquila

ROMA – Un passo avanti nella lotta contro l’Alzheimer: un gruppo di ricercatori italiani e francesi ha identificato una variante genetica capace di aiutare il cervello a difendersi dalla malattia. Questo gene favorisce l’eliminazione dei prodotti di scarto e delle proteine anomale che si accumulano nei neuroni, impedendone il corretto funzionamento. Le persone che possiedono questa variante risultano più protette dal morbo, suggerisce lo studio coordinato dalla Fondazione Santa Lucia di Roma.

Alla ricerca, che apre alla possibilità di mettere a punto trattamenti personalizzati basati sullo stesso meccanismo protettivo, hanno contribuito anche l’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari del Consiglio Nazionale delle Ricerche, le Università di Roma Sapienza, Roma Tre e Tor Vergata, quelle dell’Aquila e di Padova, la Fondazione Policlinico Universitario del Gemelli e l’Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna.

L’analisi condotta su oltre 1.400 individui, sia sani che affetti da Alzheimer, ha portato alla scoperta della variante del gene NDP52, che gioca un ruolo centrale nel processo di autofagia cellulare. Questo meccanismo, fondamentale per la salute neuronale, consente alle cellule di eliminare e riciclare i componenti danneggiati, ma risulta alterato nelle persone colpite dalla patologia.

“Essere portatori di questa variante genetica significa avere un alleato prezioso nella protezione delle funzionalità cerebrali, prevenendo la neurodegenerazione che porta ai sintomi della malattia”, spiega Flavie Strappazzon, coordinatrice dello studio.

Secondo i ricercatori, la scoperta potrebbe aprire la strada a trattamenti personalizzati, basati sull’emulazione di questo meccanismo naturale di difesa, piuttosto che sulla sostituzione di funzioni perse. “L’obiettivo è sviluppare terapie che potenzino le capacità intrinseche del nostro organismo, sfruttando la conoscenza del genoma individuale”, sottolinea Emiliano Giardina, della Fondazione Santa Lucia e dell’Università Tor Vergata.

Questa nuova prospettiva potrebbe rivoluzionare il trattamento dell’Alzheimer, offrendo soluzioni più efficaci e mirate per contrastare la progressione della malattia.

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