Famiglia nel bosco, l’assedio ai minori: tra la “favola” anonima e lo schiaffo del Garante ai media

29 Dicembre 2025
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La famiglia della casa nel bosco

Mentre un misterioso libricino in rima profetizza il lieto fine per i figli di Nathan, l’Autorità per l’Infanzia polverizza il circo mediatico: “Carta di Treviso calpestata. Fermate questo voyeurismo”

PALMOLI – C’è una linea rossa che separa il diritto di cronaca dalla pornografia del dolore, e nel bosco di Palmoli quella linea sembra essere stata cancellata dal fango degli scarponi e dai teleobiettivi. La vicenda della “Famiglia nel bosco”, ormai sradicata dalla sua dimensione bucolica per essere gettata nel tritacarne del dibattito pubblico, vive oggi un paradosso stridente: da un lato la tenerezza di una fiaba anonima che ne riscrive il destino, dall’altro l’atto d’accusa durissimo del Garante regionale, che parla apertamente di diritti dell’infanzia violati sull’altare dell’audience.

Il giorno di Natale, mentre le telecamere tentavano di violare l’intimità del rifugio, un gesto silenzioso è arrivato alla porta di Armando Carusi, l’ex ristoratore che ha offerto ospitalità al padre della famiglia presso “La Casetta di Nonna Gemma”. Un plico anonimo contenente una favola illustrata, “Famiglia nel bosco”: ventiquattro pagine dove la rima trasforma il trauma in narrativa.

Il testo narra di bambini felici nel verde, poi rinchiusi in strutture con “muri alti e inferriate”, e infine liberati. Un’allegoria potente che culmina in un finale che la realtà non ha ancora scritto: “il ritorno a casa dei bambini e il Natale che arriva un po’ prima quell’anno e nel bosco fu davvero tanto speciale”.

“Ci è stato recapitato questo libro in forma anonima. È stato un regalo bellissimo che consegnerò sicuramente a Nathan e Catherine”, ha dichiarato Leonora Carusi. “Se qualcuno vuole scrivermi in forma privata e dirmi chi è stato, lo vorrei ringraziare. Questo libro ha un lieto fine, speriamo che anche nella realtà avvenga”.

L’atto d’accusa: “Privacy calpestata”

Ma la poesia del dono non basta a coprire il rumore di fondo. L’avvocata Alessandra De Febis, Garante dell’infanzia e dell’Adolescenza della Regione Abruzzo, è intervenuta con una violenza verbale necessaria, denunciando un sistema informativo che avrebbe perso ogni bussola etica. Il richiamo alla Carta di Treviso non è un suggerimento, è una sferzata.

“La Carta di Treviso è chiara: in presenza di minori, il diritto alla riservatezza deve prevalere sul diritto di cronaca e di critica. Eppure, in questi giorni, si è assistito a una presenza massiccia e invasiva di giornalisti, dotati di strumenti altamente professionali, capaci di realizzare immagini persino all’interno di una casa protetta che ospita anche altri minori”.

Il feticismo del dettaglio: la deriva dei media

Il Garante non fa sconti. Sotto accusa finisce la caccia al dettaglio sanitario e scolastico, la costruzione di “verità” poi rivelatesi infondate, come nel caso delle iscrizioni a scuola, e un assedio che ha costretto altri bambini – totalmente estranei alla vicenda – a restare reclusi in casa per non finire nel mirino dei fotografi.

“Da troppo tempo si assiste a una narrazione continua, spesso non supportata da una reale conoscenza dei fatti, caratterizzata da prese di posizione estreme e da informazioni non verificate. Si continua a parlare dei bambini […] arrivando a costruire interi articoli e servizi televisivi su notizie rivelatesi inesatte”.

Secondo De Febis, i minori sono stati trasformati in “oggetti di narrazione”, sacrificati sull’altare dell’impatto emotivo. La richiesta alle istituzioni e ai media è perentoria: silenzio, responsabilità e il ritorno a una trattazione dei fatti affidata solo a chi li conosce realmente. Perché se la fiaba anonima cerca di restituire dignità a Nathan e Catherine, la realtà mediatica rischia di condannarli a una perpetua esposizione.

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