Professionisti senza tutele: «Taglio degli stipendi di oltre un terzo, situazione ormai al limite»
L’AQUILA – La sanità penitenziaria abruzzese sarebbe arrivata a un punto di rottura. A denunciarlo sono i medici del Sindacato Medici Italiani (SMI), che in una nota indirizzata al presidente Marco Marsilio, all’assessore Nicoletta Verì e alla stampa parlano di «una situazione ormai insostenibile», aggravata – sostengono – dalle recenti scelte della Regione e delle Asl, ritenute in contrasto con i contratti di lavoro.
I medici ricordano che negli istituti penitenziari della regione si affrontano ogni giorno emergenze complesse: autolesionismo, pazienti psichiatrici, dipendenze e fragilità estreme. Tutto questo, sottolineano, «senza nessuna tutela per gli operatori», privi delle garanzie minime previste altrove nel Servizio sanitario nazionale. Ambienti difficili, definiti «estremamente rischiosi» anche per l’incolumità dei professionisti.
A complicare ulteriormente il quadro è l’aumento della domanda assistenziale: dall’apertura del nuovo istituto penale per minorenni dell’Aquila al sovraffollamento di Sulmona, Pescara e Teramo. In questo contesto, la prospettiva di ridurre fondi e tutele viene giudicata «incomprensibile».
Il punto più critico, secondo SMI, riguarda l’ipotesi di una riduzione degli stipendi «di oltre un terzo», ritenuta «un colpo gravissimo» che sta spingendo la quasi totalità dei medici a valutare le dimissioni, rendendo impossibile garantire presidi sanitari stabili nelle carceri.
La nota si chiude con un appello: la medicina penitenziaria è un servizio pubblico essenziale e, senza un intervento immediato della Regione e tutele adeguate, il rischio è il collasso dell’assistenza sanitaria e il venir meno della sicurezza per personale e detenuti.