La famiglia Sterlecchini riceve una lettera dal carcere con le scuse da parte di Davide Troilo, condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio della giovane. Secondo Fabiola, madre di Jennifer, è tardi per chiedere scusa
PESCARA – Una lettera di scuse, poche righe scritte dal carcere per tentare di dimostrare il suo pentimento. È quanto ha inviato a casa di Fabiola Bacci, madre di Jennifer Sterlecchini, Davide Troilo, l’uomo che il 2 dicembre 2016 uccise la ex compagna con 17 coltellate in un villino di San Giovanni Teatino e per il quale Troilo sta scontando una condanna definitiva a 30 anni di reclusione.
La donna, che nove anni fa assistette impotente all’omicidio della figlia – chiusa fuori dall’ex compagno di Jennifer mentre la 26enne chiedeva aiuto – non crede affatto al pentimento dell’uomo. «È troppo tardi», ha dichiarato all’ANSA.
Nella missiva, Troilo afferma di non riuscire ancora oggi a spiegarsi il movente del femminicidio: «Non ha alcuna giustificazione quel gesto, ma datemi la possibilità di dire che non capisco ancora oggi la motivazione per la quale ho commesso tutto ciò, non ho accettato che venivo lasciato di nuovo», scrive l’uomo.
Ma proprio queste parole, secondo Fabiola Bacci, confermerebbero ancora una volta la mancanza di sincerità: «Per tre gradi di giudizio l’assassino di mia figlia ha sempre dichiarato di non sapere le ragioni che lo avevano spinto a toglierle la vita, e ora, guarda caso, dopo nove anni, ha recuperato la memoria?»
La madre di Jennifer definisce la lettera «ridicola» e «offensiva». «Soprattutto quando dice che può capire cosa significa stare lontano dalla famiglia e che si sente una m… per quello che ha fatto. Questa affermazione suona come l’ennesima beffa», sottolinea. I ricordi di quella mattina del 2016 restano incancellabili per la madre di Jennifer che non può dimenticare «le urla strazianti di mia figlia che mi chiedeva aiuto mentre veniva accoltellata dal suo aguzzino, ed io ero fuori dalla porta e non potevo entrare. E ora lui pretende di conoscere il dolore che sto provando?»
La donna evidenzia anche che nella lettera Troilo non nomina mai Jennifer e che le sue parole suonano comunque come un’offesa alla sua memoria: «Se spera nella mitigazione del giudizio, ha sbagliato destinatario: rimane e resterà sempre l’assassino della mia Jennifer».
Anche il legale della famiglia Sterlecchini, l’avvocato Gasbarri, solleva interrogativi sulle reali intenzioni del detenuto, domandandosi se dietro la lettera possano celarsi «altre intenzioni».
L’aspetto più rilevante ai fini giuridici, osserva il legale, riguarda l’ammissione piena di responsabilità e, soprattutto, il movente: «Ricordiamo la pantomima messa in atto dall’omicida, subito dopo aver ucciso Jennifer colpita per 17 volte con un coltello. Il movente, tanto dibattuto nei vari gradi di processo, oggi viene, in maniera anche ingenua, svelato dal colpevole dell’ignobile omicidio».
Un tentativo di riconciliazione che non trova spazio nella vita di chi, ogni giorno, continua a convivere con il peso di un dolore incancellabile