Chiamare il sindaco “Cetto La Qualunque” non è reato: così la Cassazione assolve un cittadino del comune aquilano di Barete

16 Novembre 2025
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L’episodio risale ai tempi del Covid, quando il cittadino aveva attribuito l’appellativo all’allora sindaco Leonardo Gattuso

ROMA – Arriva dalla Quinta sezione penale della Cassazione una pronuncia destinata sicuramente a far discutere, soprattutto negli ambienti della politica locale. Con una sentenza depositata nei giorni scorsi, i giudici supremi hanno stabilito che definire un sindaco “Cetto La Qualunque”, il celebre personaggio creato da Antonio Albanese, simbolo della politica grottesca e corrotta, non costituisce diffamazione, ma rientra pienamente nel diritto di critica e nella libertà satirica.

La Corte ha così assolto un cittadino di Barete, 600 anime sulle montagne aquilane, che era stato denunciato ai tempi del Covid dall’allora primo cittadino del suo Comune, Leonardo Gattuso, proprio per quell’appellativo considerato offensivo.

Secondo i giudici, la frase incriminata «non è un attacco denigratorio», personale, o un tentativo di screditare la dignità umana del sindaco, perché non supera i limiti della critica politica. La Cassazione ricorda che il diritto alla reputazione, pur garantito a chiunque e ancor più a chi riveste cariche pubbliche, non coincide con la semplice suscettibilità individuale, né con l’immagine che ciascuno ha di sé. La reputazione, osserva la sentenza, va valutata nel contesto sociale e storico in cui si colloca, e non può essere sottratta al necessario bilanciamento con la libertà di espressione, specie quando si discute di questioni politiche.

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