La riflessione di Giovanni De Cristofaro, ingegnere e cittadino abruzzese, sul valore della bellezza e sulla scelta di un territorio che difende la propria identità contro l’illusione del petrolio
CHIETI – C’è un filo invisibile che lega le colline della Sardegna alle coste dell’Abruzzo. È il filo della dignità, quello che unisce il pastore Ovidio Marras — l’uomo vero che ha ispirato il film di Riccardo Milani “La vita va così” — a chi oggi dice no alle nuove trivellazioni nell’Adriatico. Marras, novant’anni e una vita di silenzi eloquenti, rifiutò dodici milioni di euro per non vendere l’orizzonte. Un rifiuto semplice, solitario, ma carico di poesia e coraggio: rinunciò alla ricchezza per custodire la bellezza.
Ed è quella stessa dignità che oggi muove tanti cittadini abruzzesi, uniti nel difendere il proprio mare dalle promesse di chi vorrebbe tornare a perforare la terra e il fondale, in nome di una crescita che sa di passato.
In queste settimane sono dieci le richieste di ricerca di idrocarburi depositate al Ministero dell’Ambiente, sette a terra e tre in mare. Dieci potenziali ferite aperte su un territorio che ha già dato troppo. Le grandi compagnie energetiche tornano a bussare, rivestite di buone intenzioni: sviluppo, lavoro, ricchezza per tutti. Ma chi conosce la storia di queste operazioni sa che il copione è sempre lo stesso. Il profitto resta in alto, i danni restano in basso: alle persone, all’ambiente, al futuro.
I numeri, ancora una volta, smentiscono le illusioni. Le riserve di gas dell’Abruzzo rappresentano appena l’un per cento di quelle nazionali, una goccia in un mare di propaganda. Nulla che possa incidere davvero sul fabbisogno energetico del Paese. In compenso, la minaccia per il turismo, la pesca e il paesaggio sarebbe irreparabile.
La logica che giustifica tutto questo non è economica, ma ideologica. È la vecchia convinzione che il progresso coincida con il consumo, che la tecnologia valga più della natura, che il profitto immediato sia un valore in sé. È un modo di pensare che appartiene al passato, non al futuro.
Nel 2014, quando l’Abruzzo rischiava di diventare un distretto petrolifero, un ingegnere scrisse da solo una lettera al Ministero, opponendosi. Era un imprenditore nel settore delle energie rinnovabili, convinto che lo sviluppo vero non debba tradire la natura. Oggi, quella visione è più attuale che mai.
La risposta alle sfide energetiche non si trova sottoterra, ma sopra: nel sole, nel vento, nelle comunità energetiche, nella tecnologia pulita e nella politica coraggiosa. Occorre unire economia e bellezza, lavoro e rispetto, innovazione e radici.
Nel film, il pastore Efisio — alter ego di Marras — guarda il mare e sussurra: “Un posto bello deve restare di tutti.” Dovrebbe essere il motto di ogni abruzzese, di ogni italiano che crede che la dignità non si misuri in metri cubi di gas ma in metri di orizzonte da difendere.
La vita va così, dicono.
Ma noi possiamo ancora scegliere che direzione darle.