Il Tribunale di Teramo chiude il caso otto anni dopo i fatti. Strada dei Parchi: “Mai avuto competenze sulla sicurezza”. WWF: “Nessuna risposta”
TERAMO – Otto anni dopo i fatti e sei di processo, arriva il verdetto sul caso del sistema acquifero del Gran Sasso: il Tribunale di Teramo ha assolto tutti e dieci gli imputati, tra ex dirigenti dell’Istituto di Fisica Nucleare, di Strada dei Parchi e di Ruzzo Reti. L’inchiesta era partita nel 2017, dopo l’emergenza che aveva portato alla sospensione dell’erogazione d’acqua potabile in 32 comuni del Teramano.
Il giudice monocratico Claudia Di Valerio ha stabilito l’assoluzione piena, accogliendo le tesi difensive secondo cui non vi sarebbero state omissioni nelle azioni di sicurezza. La Procura di Teramo, rappresentata dai pm Greta Aloisi e Davide Rosati, aveva chiesto per tutti una condanna a un anno e otto mesi e una multa di 40.000 euro, ipotizzando negligenze nella gestione delle interferenze tra laboratori sotterranei, rete idrica e gallerie autostradali.
Soddisfazione da parte di Strada dei Parchi, che in una nota ha evidenziato come la società «non abbia mai avuto competenze dirette sulla sicurezza dell’acquifero», trattandosi di opere «estranee alla convenzione con lo Stato». Una decisione che, sottolinea la concessionaria, «conferma la correttezza e il rispetto della normativa ambientale» da parte dei suoi dirigenti.
Di tutt’altro tono la reazione del WWF, parte civile nel processo: «È difficile accettare che nessuno risponda di quanto accaduto il 9 maggio 2017, quando oltre 700 mila cittadini rimasero senz’acqua. Dopo otto anni e milioni di euro spesi, la messa in sicurezza non è ancora conclusa e restano criticità strutturali. L’acquifero del Gran Sasso – avverte l’associazione – deve essere considerato una priorità assoluta per la salute e la sicurezza dell’intera regione».