Infortuni sul lavoro, l’allarme: undici vittime in Abruzzo nei primi sette mesi del 2025, Chieti maglia nera

7 Settembre 2025
1 minuto di lettura
L’immagine richiama il tema della sicurezza sul lavoro, al centro dei dati diffusi dall’Osservatorio Vega. In Abruzzo si contano 11 vittime nei primi sette mesi del 2025.

Chieti e Teramo tra le province più a rischio in Italia per infortuni sul lavoro. In Abruzzo 11 vittime nei primi sette mesi del 2025, L’Aquila è la provincia più virtuosa

L’AQUILA – L’emergenza infortuni sul lavoro non conosce tregua nemmeno nei mesi estivi: in Abruzzo, da gennaio a luglio 2025, si contano undici vittime. A pesare sul bilancio regionale sono soprattutto le province di Chieti e Teramo, entrambe in fascia rossa. È quanto emerge dal monitoraggio dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega di Mestre, che colloca la regione in fascia arancione, insieme a Liguria, Calabria, Veneto e Sardegna.

A incidere maggiormente sono le province di Chieti e Teramo, entrambe classificate in fascia rossa, ossia tra le aree più critiche del Paese. Nel Chietino i casi registrati nei primi sette mesi dell’anno sono cinque, con un’incidenza del 34,2 sugli occupati: il dato pone la provincia al 13° posto della graduatoria nazionale. Segue Teramo, con tre vittime e un’incidenza del 25,3, che la colloca al 34° posto.

Meno pesante la situazione a Pescara, in fascia gialla, con due decessi e un’incidenza del 15,8 (62° posto in Italia). Più rassicurante il quadro nell’Aquilano, dove si registra un solo caso da gennaio: la provincia entra così in fascia bianca, con un indice di 8,6 e l’88ª posizione a livello nazionale.

“Il bilancio delle vittime sul lavoro – sottolinea Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Vega – è sempre più drammatico: si contano già 607 decessi in Italia, 30 in più rispetto allo scorso anno. L’Abruzzo resta una delle regioni con criticità diffuse, soprattutto a Chieti e Teramo”.

L’aumento degli incidenti, in particolare quelli in itinere (+24,1% a livello nazionale) – si legge nella nota dell’Osservatorio – conferma la difficoltà di incidere sulle cause strutturali del fenomeno, che continua a ripetersi con modalità spesso analoghe.

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