Famiglia nel bosco, i legali: “Mancano emergenza e ascolto dei minori”

16 Dicembre 2025
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La coppia che vive nei boschi di Palmoli, al centro del caso che ha portato all’allontanamento dei tre figli da parte del Tribunale per i minorenni dell’Aquila.

Nel reclamo alla Corte d’appello l’Aquila contestata l’ordinanza che ha portato i tre figli in casa famiglia: “Disattesa la Convenzione Onu, c’erano alternative meno traumatiche”

L’AQUILA – Mancanza dei requisiti di emergenza e di eccezionalità, assenza di un reale accertamento dell’interesse preminente dei minori e, soprattutto, un ascolto dei bambini ritenuto insufficiente e non conforme alla Convenzione Onu sui diritti del fanciullo. Sono i punti cardine del reclamo presentato dagli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas alla Corte d’appello dell’Aquila contro l’ordinanza del Tribunale per i minorenni che ha sospeso la responsabilità genitoriale della cosiddetta “famiglia nel bosco” di Palmoli, disponendo il collocamento in casa famiglia dei tre figli.


Nelle note depositate per l’udienza documentale, la difesa contesta innanzitutto la scelta di ricorrere a un provvedimento così radicale, accompagnato dall’intervento delle forze dell’ordine, in una situazione che – sostengono i legali – non presentava i caratteri dell’urgenza. Secondo Femminella e Solinas, l’allontanamento avrebbe potuto essere sostituito da soluzioni meno impattanti e più rispettose del legame familiare, senza ricorrere a misure “traumatiche” come il trasferimento dei minori in una struttura a Vasto.


Uno dei capitoli centrali del reclamo riguarda l’istruzione dei bambini. Nel fascicolo, evidenziano gli avvocati, mancavano inizialmente documenti che attestassero il percorso scolastico, ma la famiglia aveva optato per l’istruzione parentale, possibilità riconosciuta dalla Costituzione. Per la figlia in età scolare i genitori avrebbero chiesto e ottenuto l’ammissione all’esame di idoneità in una scuola statale, con il rilascio dei relativi attestati, documentazione che sarebbe stata acquisita solo dopo l’emissione dell’ordinanza. Da qui il dubbio che le valutazioni sull’adempimento dell’obbligo scolastico siano state formulate senza un quadro completo.


I legali intervengono anche sul tema della presunta “deprivazione tra pari”, richiamata dal Tribunale per descrivere un contesto di isolamento sociale. Femminella e Solinas si domandano se questo elemento sia stato realmente accertato o desunto unicamente dalla mancata frequenza scolastica. A supporto della loro tesi citano le testimonianze raccolte dalla trasmissione “Le Iene”, secondo cui i bambini avrebbero amici, frequenterebbero il parco e giocherebbero con i coetanei. Testimonianze che, a loro giudizio, sarebbe stato opportuno acquisire in sede giudiziale, insieme al contributo di figure specialistiche come mediatori linguistici o familiari.


Sul piano giuridico la difesa punta il dito contro quello che definisce un “mancato ascolto effettivo” dei minori. Pur ricordando che due dei tre fratellini sono stati sentiti quindici giorni prima dell’ordinanza del 13 novembre, gli avvocati ritengono che tale adempimento non sia stato valorizzato secondo quanto previsto dalla Convenzione Onu e dalla giurisprudenza italiana, che riconoscono all’ascolto del minore un ruolo centrale nei procedimenti che lo riguardano. Nelle dichiarazioni rese, sottolineano i legali, la figlia maggiore avrebbe riferito di avere “tanti amici” con cui giocare a Palmoli, escludendo quindi forme di isolamento.

Dalle stesse parole dei bambini emergerebbe anche un quadro abitativo diverso da quello tratteggiato nell’ordinanza. I minori, ricordano Femminella e Solinas, hanno descritto la casa in pietra immersa nel bosco come un luogo in cui “stanno bene” e dove dispongono di quanto necessario: luce, acqua calda e stufe a legna. Un anno di osservazione da parte dei servizi sociali, secondo la difesa, non avrebbe prodotto una valutazione approfondita: gli incontri sarebbero stati sporadici, resi ancora più difficili dalle barriere linguistiche, e non avrebbero consentito un dialogo davvero costruttivo con la famiglia.


Infine, i legali smentiscono che sia mai stato nominato un mediatore familiare e ribadiscono che proprio l’assenza di figure ponte tra istituzioni e genitori abbia contribuito a irrigidire il contesto, portando a una decisione estrema. Ora la parola passa alla Corte d’appello dell’Aquila, chiamata a valutare se l’allontanamento dei tre bambini dal bosco di Palmoli fosse davvero la soluzione più idonea a tutelare il loro interesse, o se – come sostiene la difesa – si sia trattato di un provvedimento sproporzionato.

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