Pioniere della viticoltura di montagna, uomo di pensiero e di vigna, ha unito tradizione e ricerca portando il nome dell’Abruzzo nel mondo
OFENA – Si è spento a Ofena, Luigi Cataldi Madonna, questa mattina all’età di 69 anni. L’addio è a uno dei pionieri del vino aquilano e abruzzese, portavoce di una viticoltura di montagna genuina, gentile e rivoluzionaria allo stesso tempo. La cantina, quella dove da un paio di mesi si era fermato lasciando temporaneamente la sua Francavilla, porta il suo nome.
Una lunga malattia lo ha portato via, lasciando un vuoto profondo nella comunità del vino e della cultura abruzzese. Figura di spicco dell’enologia italiana, era conosciuto da tutti come “il professore”, appellativo dovuto non solo alla sua autorevolezza ma anche alla carriera accademica all’Università dell’Aquila come docente di filosofia.
Cataldi Madonna aveva raccolto l’eredità del nonno omonimo, il barone Luigi, che nel 1920 avviò la produzione di vino nel cuore della Valle del Tirino. Dopo il padre Antonio, fu lui a condurre l’azienda in una nuova stagione, portandola oltre i confini regionali e consolidando una produzione che oggi tocca le 230mila bottiglie. La cantina, cresciuta sotto la sua guida senza mai recidere il legame con il territorio, ha voluto rendere omaggio alle radici abruzzesi anche attraverso il simbolo del Guerriero di Capestrano, protagonista su alcune delle etichette più note: una dichiarazione d’amore alla storia e all’identità della valle.
Dal 2019 la guida dell’azienda è passata alla figlia Giulia, quarta generazione della famiglia, che ha scelto di puntare sull’enoturismo. Ha riaperto lo storico palazzo di famiglia nel centro di Ofena e avviato un ampio progetto di rinnovamento della cantina, traghettando nel futuro la filosofia paterna: innovare nel rispetto della tradizione.
Uomo di cultura vastissima e spirito libero, Luigi Cataldi Madonna era apprezzato per l’ironia, la schiettezza e la capacità di stimolare sempre il confronto. Le sue riflessioni, spesso provocatorie, hanno arricchito il dibattito enologico nazionale, lasciando un segno per profondità e visione. A lui si deve la riscoperta del vitigno Pecorino e, insieme alla figlia Giulia, la valorizzazione del Cerasuolo prodotto con la tecnica della “svacata”, antica pratica contadina che unisce vinificazione in bianco e in rosso.