Pescara, frode sui fondi europei: maxi-sequestro da 3,7 milioni di euro, deferite 10 persone alla Procura

19 Novembre 2025
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Due militari della Guardia di finanza al lavoro durante le attività di analisi documentale nell’ambito dell’indagine coordinata dalla Procura europea. L’operazione ha portato al sequestro preventivo di beni e rapporti bancari per oltre 3,5 milioni di euro

La Guardia di finanza di Pescara ha eseguito un sequestro preventivo da circa 3,7 milioni di euro nell’ambito dell’inchiesta della Procura europea su una presunta frode sui fondi comunitari. Dieci le persone deferite, tra Pescara, Chieti e Agrigento. Ricostruito un sistema che avrebbe permesso di ottenere indebitamente contributi nazionali ed europei e riciclato i proventi

PESCARA – Un immobile, otto orologi di lusso, una collana d’oro, contanti e decine di conti correnti bancari per un valore complessivo di 3 milioni 700 mila euro: è questo il patrimonio congelato dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di finanza di Pescara nell’ambito dell’indagine coordinata dalla Procura europea (EPPO) su una presunta frode riguardante i finanziamenti pubblici destinati alle piccole e medie imprese.  

Le perquisizioni e i sequestri, disposti dal gip del Tribunale di Pescara su richiesta dell’EPPO, hanno interessato Pescara, Chieti e Agrigento. L’indagine nasce da una verifica fiscale condotta su una società pescarese, individuata grazie all’analisi di rischio del Nucleo speciale spesa Pubblica e Repressione frodi comunitarie della Guardia di finanza. Gli accertamenti avrebbero fatto emergere l’utilizzo di documenti contabili artefatti e attestazioni false per simulare una solidità economica inesistente e accedere così a contributi nazionali ed europei negli anni 2021 e 2022, compresi quelli del programma Next Generation EU.

Secondo gli investigatori, i passaggi finanziari legati alle presunte operazioni commerciali sarebbero risultati meramente cartolari, ovvero privi di sostanza economica e finalizzati a rappresentare fittiziamente un’attività aziendale florida. Le richieste di finanziamento sarebbero state presentate a SIMEST S.p.A., società del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti che supporta l’internazionalizzazione delle imprese italiane; mentre ulteriori risorse sarebbero state ottenute tramite prestiti garantiti dal Medio Credito Centrale – Banca del Mezzogiorno. Parte dei proventi avrebbe poi alimentato condotte di riciclaggio e autoriciclaggio.

L’analisi della documentazione avrebbe permesso di ricostruire il modus operandi del gruppo, che secondo gli investigatori avrebbe ottenuto indebitamente fondi pubblici e li avrebbe poi riciclati attraverso successive operazioni finanziarie. Il profitto contestato è stimato in circa 3,7 milioni di euro, di cui 500 mila provenienti da risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

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