Nell’appello bis a Perugia sulla strage del 2017, Barlucchi chiede condanne per tecnici e amministratori. Al centro delle contestazioni la mancata manutenzione della turbina spazzaneve
PERUGIA – Una gestione segnata da “superficialità” e da un “caos totale in cui nessuno sapeva chi comandava”. Così il sostituto procuratore generale di Perugia, Paolo Barlucchi, ha descritto la risposta delle istituzioni al disastro di Rigopiano, dove il 18 gennaio 2017 una valanga travolse l’hotel di Farindola causando la morte di 29 persone.
Nella requisitoria dell’appello bis, in corso a Perugia e destinata a proseguire giovedì, il magistrato ha chiesto condanne in linea con quelle di primo grado per i due tecnici della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, per l’ex sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, e per il tecnico comunale Enrico Colangeli. Il nuovo processo riguarda dieci imputati, dopo che la Cassazione ha rinviato le loro posizioni a giudizio.
Al centro delle contestazioni, la vicenda della turbina spazzaneve, ritenuta cruciale per garantire la percorribilità della strada provinciale verso l’albergo. “La turbina – ha ricordato Barlucchi – si rompe il 6 gennaio, il 7 viene portata dal meccanico, e poi non si fa nulla. È stato scelto di disinteressarsi e di affrontare le condizioni atmosferiche senza la turbina.”
Secondo il sostituto pg, “era possibile e anche dovuto ipotizzare quanto poteva accadere e occorreva provvedere alla messa in sicurezza. Cosa che doveva essere fatta – ha aggiunto – perché lo sapevano tutti che sarebbe venuta giù l’ira di Dio: era scritto su tutti i bollettini.”
L’accusa sostiene che già il 17 gennaio 2017 la situazione meteorologica fosse chiara e avrebbe imposto interventi immediati, come la chiusura della strada per impedire l’accesso alla struttura e la sua riapertura tempestiva il giorno successivo, quando gli ospiti tentarono invano di mettersi in salvo. L’udienza è stata rinviata a giovedì per la prosecuzione della requisitoria e l’intervento delle parti civili.