Case spiate all’Aquila, niente domiciliari per il proprietario degli alloggi: il gip dispone il divieto di avvicinamento

12 Novembre 2025
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Una webcam installata in uno degli appartamenti a L'Aquila

Il giudice per le indagini preliminari dell’Aquila ha respinto la richiesta di arresti domiciliari avanzata dalla Procura, disponendo per il 56enne accusato di aver installato microcamere negli appartamenti affittati una misura meno afflittiva: il divieto di avvicinamento agli alloggi di proprietà

L’AQUILA – Svolta nell’inchiesta sulle microcamere installate negli appartamenti dati in affitto nel capoluogo abruzzese. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale dell’Aquila, Giulia Colangeli, ha respinto la richiesta di arresti domiciliari avanzata dalla Procura e disposto per il 56enne proprietario del condominio una misura cautelare meno afflittiva: il divieto di avvicinamento agli alloggi di proprietà.

L’uomo, indagato per interferenza illecita nella vita privata e per diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612-ter del codice penale), avrebbe collocato microcamere nei bagni e nelle camere da letto degli appartamenti concessi in locazione a studenti, professionisti e allievi della Scuola di ispettori e sovrintendenti della Guardia di Finanza.

La Procura, rappresentata dal sostituto Andrea Papalia, aveva chiesto gli arresti domiciliari per il rischio di inquinamento probatorio, ritenendo che, in libertà, l’indagato potesse alterare o distruggere materiale utile alle indagini o influenzare le testimonianze.
La difesa, rappresentata dall’avvocato Roberto De Cesaris, ha richiesto un interrogatorio su iniziativa della parte, previsto dall’articolo 388 del codice di procedura penale, durante il quale l’indagato avrebbe scelto di collaborare fornendo chiarimenti e informazioni ritenute utili alle indagini.

Il giudice ha ritenuto che la condotta collaborativa dell’indagato avesse eliminato il rischio di inquinamento probatorio, principale presupposto della richiesta di custodia. Ha quindi disposto una misura meno restrittiva, il divieto di avvicinamento ai luoghi e alle persone coinvolte, ritenuta sufficiente a tutelare le vittime e a impedire nuovi contatti o turbative.

Il provvedimento impone all’indagato di mantenere una distanza prefissata dalle persone offese e di non comunicare con loro in alcun modo.
L’attenzione degli inquirenti resta ora concentrata sull’esame dei dispositivi sequestrati, da cui dovrà emergere se le immagini registrate siano rimaste nella disponibilità dell’indagato o se siano state in qualche modo diffuse.

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