Montesilvano, sequestrata l’ex discarica di Villa Carmine: nel registro indagati Imprudente e Campitelli

6 Novembre 2025
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Personale della Guardia Costiera durante i controlli ambientali nell’area della discarica di Villa Carmine, a Montesilvano, posta sotto sequestro su disposizione della Procura di Pescara

Il sequestro è stato disposto dalla Procura di Pescara nell’ambito di un’inchiesta per omessa bonifica e inquinamento ambientale. L’area, chiusa dal 1996, si trova a ridosso del fiume Saline e contiene oltre 300mila metri cubi di rifiuti

MONTESILVANO – È stata posta sotto sequestro la discarica di Villa Carmine, a Montesilvano.
Come riporta il Tgr Abruzzo, il provvedimento è stato eseguito questa mattina intorno alle 10.30 dai militari della Guardia Costiera di Pescara e Montesilvano, su disposizione della Procura di Pescara nell’ambito di un’inchiesta per omessa bonifica e inquinamento ambientale, coordinata dal pubblico ministero Giovanni Andrade.

L’area interessata dal provvedimento, visibile anche dall’autostrada A14 per le sue imponenti dimensioni, circa 38 metri di altezza e 300mila metri cubi di rifiuti in parte interrati sotto il livello del mare – è stata interdetta e posta sotto vincolo giudiziario.

Nel registro degli indagati figurano l’assessore regionale Emanuele Imprudente, il consigliere regionale Nicola Campitelli e alcuni funzionari della Regione e dell’Arap, l’Agenzia regionale per le attività produttive, che stava eseguendo lavori di adeguamento dell’impianto di pompaggio e smaltimento delle acque sotterranee.

La discarica, chiusa dal 1996, si trova a ridosso del fiume Saline, in un’area classificata a rischio idraulico. L’Arpa Abruzzo (Agenzia regionale per la protezione ambientale) avrebbe segnalato più volte lo sversamento di percolato nei terreni circostanti e nel letto del fiume, confermando una situazione di criticità ambientale.

Nel marzo scorso erano stati avviati i lavori finanziati dalla Regione ed eseguiti da Arap per la realizzazione dell’impianto di pompaggio e smaltimento delle acque sotterranee, sistema provvisorio basato su pompe e serbatoi di stoccaggio.
L’intervento, pensato come primo passo verso la bonifica complessiva del sito, avrebbe dovuto garantire nel frattempo la gestione del percolato e la messa in sicurezza provvisoria dell’area, oggi però finita sotto la lente della magistratura.

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