Salari bassi e precariato: scatta il blitz di protesta di “Ultima Generazione” in un supermercato a L’Aquila

30 Ottobre 2025
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Un’attivista di “Ultima Generazione” con megafono e striscione arancione durante la protesta nel supermercato Conad dell’Aquila contro precarietà e salari bassi.

Tre attivisti di “Ultima Generazione” hanno inscenato una protesta in un supermercato Conad dell’Aquila contro precariato e stipendi bassi. Striscioni, megafono e volantini per denunciare “il paradosso italiano dei salari fermi e del costo della vita in aumento”

L’AQUILA – Nuova azione dimostrativa del movimento “Ultima Generazione” all’Aquila. Ieri mattina tre attivisti, due donne e un uomo, hanno inscenato un blitz all’interno di un supermercato Conad, per denunciare salari troppo bassi e condizioni di lavoro considerate precarie nel settore della grande distribuzione.

I tre sono saliti sui nastri trasportatori delle casse esponendo un grande striscione arancione con il nome del movimento e leggendo al megafono un messaggio rivolto a clienti e dipendenti. “Boicottate le grandi catene – hanno gridato – e sostenete i produttori locali, i mercati contadini, i gruppi di acquisto solidali”. L’azione, durata pochi minuti, si è conclusa senza tensioni né interventi delle forze dell’ordine.

Nel comunicato diffuso subito dopo, Ultima Generazione ha definito la grande distribuzione “uno dei simboli del paradosso italiano: l’aumento del costo della vita a fronte di salari fermi da anni”. Gli attivisti hanno richiamato il Rapporto Eurispes 2024, secondo cui il 57% delle famiglie italiane fatica ad arrivare a fine mese, e i dati Istat, che parlano di 5,7 milioni di persone in povertà assoluta.

Nel mirino anche il “ricorso sistematico” a contratti a chiamata, tirocini e forme di lavoro senza tutele, considerati dagli attivisti “il volto della precarietà normalizzata”.

Con l’iniziativa nel capoluogo abruzzese, il movimento conferma il passaggio da temi puramente ambientali a una battaglia più ampia sui diritti sociali e sul lavoro, puntando il dito contro un modello economico che – sostengono – “non garantisce dignità a chi lavora”.

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