Monsignor Tommaso Valentinetti, Arcivescovo di Pescara, celebra il rito funebre in una chiesa gremita a Fonte Grande
ORTONA – Il cielo sopra Fonte Grande sembra piangere con chi, con passo lento e cuore spezzato, ha raggiunto la chiesa di San Gabriele dell’Addolorata. Un cielo grigio, come i volti scuri e increduli delle centinaia di persone accorse per salutare Sara Turzo. Trenta minuti prima che inizi la funzione, il feretro è già lì, al centro della navata, ad accogliere l’abbraccio silenzioso e commosso di una comunità intera.
La chiesa è grande, ma non abbastanza per contenere tutto l’affetto, la stima e il dolore che gravitano intorno alla figura di Sara. Aveva 33 anni, era un’avvocata brillante, una donna dolce e determinata, una compagna amata, una futura mamma. Sabato notte, su una strada della Puglia, la sua vita si è spezzata all’improvviso. Un tamponamento, violento e inaspettato, le ha portato via tutto: la vita e il piccolo Davide, il figlio che portava in grembo e che sarebbe nato a novembre. Con lei viaggiavano due colleghi, feriti ma miracolosamente sopravvissuti.
Dentro la chiesa, un tappeto di rose bianche. Bianche le corone, bianche come l’innocenza e la luce che Sara ha lasciato dietro di sé. La madre si stringe al feretro, il dolore composto attraversa ogni volto, anche quelli nascosti dagli occhiali scuri. È un dolore dignitoso, ma profondo, che si legge negli abbracci, nei silenzi, nelle lacrime che rigano i volti.
Nessuno manca. Eppure, nessuno vorrebbe esserci. Perché Sara era speciale per davvero: una professionista stimata, una donna gentile, attenta, piena di vita e di sogni. Con Fabio, il compagno di una vita, stava costruendo una famiglia. Il loro bambino, Davide, era la promessa più bella. Quella notte, di ritorno da un matrimonio a Mola di Bari, guidava lei. Non aveva bevuto, si sentiva bene. Nessuno poteva immaginare che su quella statale, a chilometri di distanza dal mare dove Fabio era imbarcato per lavoro, li avrebbe attesi l’imprevedibile.
A celebrare il funerale è l’Arcivescovo di Pescara, monsignor Tommaso Valentinetti, originario di Ortona, profondamente scosso. “In cinquant’anni di sacerdozio ho celebrato tanti funerali dolorosi – ricorda –. Ma una mamma col suo bambino in grembo, questo mai. Potremmo pensare che su quella strada Dio non ci fosse. E invece sì, c’era. Sara ha incontrato il Signore. Ora a noi il compito più difficile: far sì che da questo dolore nasca amore, non disperazione.”
Nell’assemblea ci sono adulti, ragazzi, colleghi avvocati, famiglie, qualche bimbo nei passeggini. All’inizio della celebrazione arriva il gonfalone della città, con il sindaco di Ortona Angelo Di Nardo, l’assessore Fabio Palermo e il presidente del Consiglio comunale Franco Vanni. Il lutto cittadino, proclamato per onorare Sara e il suo bimbo, è la testimonianza di un dolore che non ha confini, perché quando si spezza un futuro così, a spezzarsi è anche un po’ il cuore di tutti.
Anche l’atrio della chiesa è gremito. Quando il feretro lascia l’altare, lo segue un corteo silenzioso, composto e struggente. E poi, nel cielo che resta sospeso, si alzano bianchi palloncini, leggeri come un saluto, come un arrivederci sussurrato tra le lacrime.